Da Leontica (Valle di Blenio) a Soletta

“Tu non senti mai la voglia di rimanere fuori al buio, da solo, nel silenzio?”

Con questa frase, secondo l’autore, si potrebbe riassumere La pozza del Felice (Rubettino 2018), il suo secondo romanzo.

Fabio Andina, classe 1972, nasce a Lugano, nel Canton Ticino. Nel 2016 pubblica Uscirne fuori, il suo primo romanzo, e riceve una menzione al Premio Chiara Inediti per la raccolta di racconti Il paese senza nome, con cui si guadagna l’inserimento nell’antologia Dieci racconti per Piero Chiaro. Con questo romanzo, proprio nel 2019, si aggiudica il Premio Terra Nova della Fondazione svizzera Schiller.

Buio, solitudine, silenzio. Questi sono i tre elementi principali che caratterizzano il Felice, protagonista che, non a caso, compare nel titolo del romanzo. Ma non solo: queste sono anche le tre caratteristiche dello stile di vita dell’autore. Nel Felice c’è (in)volontariamente una parte di Fabio Andina e nel Felice c’è una parte di Anselmo, un uomo che è realmente esistito e che ha abitato a Leontica, in un piccolo paese in Val di Blenio, fino alla sua scomparsa, avvenuta quattro anni e mezzo fa, all’età di novant’anni. Andina conosce Anselmo da bambino, quando la sua famiglia decide di comprare una baita proprio a Leontica, che diventa la meta delle festività e delle vacanze. Il piccolo Fabio entra sempre più in confidenza con Anselmo e, diventato adulto, decide di andare ad abitare per un lasso di tempo proprio a Leontica. In paese si dice che Anselmo, ogni mattina, vada a fare il bagno in una pozza gelida, in cima alla montagna: al buio, da solo, in silenzio. Andina, durante i tre anni di soggiorno in valle, entra ancora di più nell’intimità e nella quotidianità di quest’uomo che tanto fa parlare la gente in paese, senza però mai chiedergli direttamente se la storia di lui e della sua pozza sia vera oppure no.
I personaggi del romanzo, tuttavia, non sono solo il protagonista e il co-protagonista narratore: anche la natura è un personaggio a tutti gli effetti. La pozza, in primis, ma anche il vecchio larice, l’instancabile mulo… tutto l’ambiente, letteralmente ‘ciò che ci circonda’, sottrae o dona cose di cui non ci si accorge più, „cose irrilevanti per altri, stupende per me“, commenta l’autore. Non ci si rende conto che, quotidianamente, si perde più tempo di quello che non si cerca di guadagnare, correndo tutto il giorno.
Il Felice manda un messaggio profetico per la società attuale: oggi, più di prima, è necessario rendersi conto che, a volte, fermarsi non è una perdita di tempo. Una vita frenetica ruba più tempo di una pausa. È necessario (re)imparare a prendersi del tempo, per stare al buio, da soli, in silenzio.

Il viaggio del Felice, iniziato nella Valle di Blenio, non si conclude a Soletta. La pozza del Felice, infatti, verrà tradotto in lingua tedesca e pubblicato dalla Rothpunkt Verlag di Zurigo nel marzo 2020.

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