Intervista a Zerocalcare: tra parole e immagini

Michele Rech, in arte Zerocalcare: forse uno dei personaggi più attesi alle Giornate Letterarie di Soletta. Anche senza il forse.

Giovane fumettista italiano, nasce nel 1983 a Cortona, ma vive a Roma. Il suo talento è riconosciuto da numerosissimi premi e la sua notorietà si estende ben oltre i confini italiani. Lo stesso vale per il suo blog, su cui vengono pubblicati racconti brevi di natura autobiografica: https://www.zerocalcare.it/.

Il numero delle persone sedute nella Landhaussaal del Landhaus conferma le aspettative. Dopo la presentazione di Macerie prime – Sei mesi dopo (2018), graphic novel che fa seguito a Macerie prime (2017), Zerocalcare prende posto al tavolo degli autografi. Nessuno demorde: né le persone in fila in attesa di una dedica, né la mano dell’artista che ne confeziona una sempre personalizzata.

   
Il suo pennarello nero scorre su tutte le superficie che gli vengono sottoposte – pagine, borse, magliette – con tratto veloce e sicuro, per tre ore e mezzo, senza pausa.

Le domande che si potrebbero e si vorrebbero fare a Zerocalcare sono moltissime e diverse tra loro. Ma si scelgono due aspetti su cui concentrarsi: la lingua del fumetto e il rapporto tra l’immagine e la parola.

Come usi il dialetto e che ruolo ha nei tuoi fumetti? Hai già preso in considerazione l’idea di fare un fumetto solo in romanesco?

Alterno il dialetto all’italiano o in una stessa frase o in una didascalia in alto, come contrappunto al dialogo. A me interessa soprattutto lo switch tra l’italiano, quello definibile aulico, e l’italiano regionale, cioè il dialetto, romanesco nel mio caso. È proprio questa alternanza dei registri linguistici che permette di ottenere la comicità. La comicità, infatti, nasce proprio da questa opposizione linguistica. Fare un fumetto solo in dialetto, quindi, impedirebbe di ottenere, secondo me, questo effetto e farebbe sparire tutta la comicità.

Quale rapporto c’è per te e nei tuoi fumetti tra l’immagine e la parola? L’immagine traduce esattamente la parola, sottrae o aggiunge informazioni?

Partiamo dal fatto che anche le immagini, da sole, sanno raccontare una storia. Infatti, secondo me, un buon fumetto riesce ad essere letto e capito anche solo seguendo le immagini. Senza doverci pensare, mi sento di dire che la parola aggiunge informazioni, racconta sempre qualcosa in più. Non sono un virtuoso del disegno, ma posso dire che ho cura nelle recitazioni. I gesti, i movimenti del corpo – per esempio una mano che afferra un oggetto – le espressioni facciali dei personaggi, tutte cose queste, insomma, servono a far recitare i personaggi. Questa mia cura, cui tengo moltissimo, nella recitazione su carta si avvicina al modo di pensare e di fare del e nel cinema.

Visto che è emersa la parola „cinema“, la prossima domanda sorge spontanea. Nel 2017 è uscito il film La profezia dell’armadillo, tratto proprio dal tuo fumetto omonimo. Quale differenza c’è tra l’immagine su carta, apparentemente statica, dei tuoi fumetti e l’immagine dinamica e, soprattutto, cinematografica?

Sono due tipi diversi di immagini o, meglio, sono tipi di immagini con due visioni diverse. In ogni immagine c’è più di un punto di vista: dipende da chi scrive, da quale prospettiva si guarda, da quale angolazione è fatta l’inquadratura, da chi è la voce narrante, eccetera. La parola dei miei fumetti ha la mia visione, quella di Zerocalcare; la parola del film ha la visione di Emanuele Scaringi, il regista, che ha messo la sua visione sia sul piano narrativo, sia sul piano estetico. E va bene così, perché è lui il registra del film, io ho scritto solo la sceneggiatura. Ma se io facessi un cartone animato, sicuramente le immagini sarebbero più simili a me e alla mia voce.

La curiosità fa venire subito un’altra domanda legata all’esempio che hai fatto con il „se io facessi…“. Tra i tuoi progetti c’è anche quello di fare un film tutto tuo o un cartone animato?

Oh, hai voglia! (risponde in romanesco). Questo progetto c’è eccome, già da un po’ di tempo. Se tutto va bene, il cartone animato arriverà l’anno prossimo. I miei fumetti hanno sempre una colonna sonora, ma il cartone animato mi permetterebbe di inserire ancora più elementi: fare avvicinare, ancora di più, il mio punto di vista al pubblico e di dare la mia voce. Nel fumetto c’è spazio per l’interpretazione: il lettore, per esempio, può immaginare cosa succede tra una scena e l’altra, quali siano i passaggi, eccetera; nel cartone animato, invece, tutto è già fornito, da me. Sono molto curioso di vedere cosa uscirà e come verrà recepito dal pubblico.

Si ringrazia Michele Foschini, editore della BAO Publishing, e si fa un ringraziamento speciale a Zerocalcare per aver reso possibile questa intervista!