«Sovrapposizioni» a Zurigo: poetica della realtà

In una piccola stanza adibita a mo› di caffè letterario ha luogo una tra le più speciali «riunioni di scrittori appartenenti a due generazioni»: così inizia la moderatrice Jecqueline Aerne ad introdurre gli ospiti di questa sera presso la Kulturhaus Helferei di Zurigo. Accomodati su un divanetto elegante ci sono Fabio Pusterla e Yari Bernasconi a leggere poesie estratte dalle loro raccolte bilingui: Nella quiete provvisoria del volo/In der vorläufigen Ruhe des Flugs (2021) rispettivamente Nuovi giorni di polvere/Neue staubige Tage (2021). A fasi alternate, tra una serie di lettura e l’altra, il violinista Matthias Lincke, suonando ad occhi chiusi, regala momenti di riflessione al pubblico, che apprezza molto la sua bravura.

La discussione dei testi è preceduta dall’intervento della moderazione, con cui si traccia un percorso storico-formativo che unisce i due poeti svizzeri. Si tratta di due personaggi distinti accomunati dalla profondità delle parole messe insieme e in versi.

Fabio Pusterla è stato docente di Yari Bernasconi al Liceo Cantonale di Lugano e da allora le loro strade si sono incrociate, fino a poter oggi parlare di un’amicizia che non è soltanto legata all’impegno poetico. Il giovane poeta afferma di aver compreso soltanto negli ultimi anni di liceo quanto fosse importante la letteratura e di aver maturato in sé il pensiero che custodisce ancora gelosamente: «la letteratura può cambiare il mondo», perché portatrice di un linguaggio in grado di superare qualsiasi tipo di barriera. Che l’acceso entusiasmo di allora oggi si sia un po’ scolorito è del tutto naturale, come accade ad ognuno di noi diventando adulti e più maturi. Col trascorrere del tempo si cambia e cambia anche il modo in cui si comunica e la modalità con cui si vuole trasmettere un messaggio.

Nella crescita personale e professionale assume grande importanza l’immagine del «Maestro con la ‘m’ maiuscola», che per Pusterla è stato per primo Giovanni Orelli; figura importante nella letteratura di lingua italiana in Svizzera. Per Bernasconi il Maestro è colui che permette «l’incontro e lo scontro con il suo interlocutore». Non si parla, quindi, di modello di ispirazione quanto di un insegnamento che ha reso possibile quel cambiamento necessario per dare slancio alla produzione di testi.

Dalla loro lettura emergono diversi temi cari sia ad uno che all’altro poeta. La loro produzione in versi è accomunata dall’intenzione di voler rendere in maniera trasparente e realistica tutte quelle immagini e tutti quegli eventi tratti dalla vita quotidiana, dalla storia dell’umanità e, quindi, dall’esistenza nel mondo. Se per Pusterla la poesia nasce da un motivo di ispirazione preciso dovuto sostanzialmente a «l’incontro di due cose», per Bernasconi è fonte di ispirazione la realtà allo stato puro, in cui dei «microscopici momenti di scrittura» bastano per poter riflettere su versi abbozzati o per scriverne di nuovi. Da un lato la scrittura di Bernasconi si caratterizza per la sua natura spontanea, chiaramente meditata, ma concisa e immediata e allo stesso tempo in grado di farsi carico di significati profondi che potrebbero essere dettati dalla bocca di chiunque amasse riflettere sulla realtà. Dall’altro lato è del tutto disinvolta e profusa la scrittura di Pusterla, che spesso riesce a racchiudere in un testo due varianti distinte per ogni scontro di verità nella vita. Nelle sue poesie la riflessione si estende su due linee parallele che si intersecano soltanto in un punto: quello in cui le sensazioni contrastanti si scontrano letteralmente e condividono le une l’aspetto poco consono alla natura delle altre.

Dalla lettura di Bernasconi ci si sposta dal fatto di cronaca nera con Cartolina notturna, alla «vena identitaria» che caratterizza le poesie ambientate in diversi luoghi visitati, come in Connemara; dalla nostalgia di un paesaggio nella poesia Conosci il mare, ai «monologhi interiori» dettati dalla notte, il momento in cui tutto tace e i pensieri prendono forma, in Cartolina notturna n. 3 ed è facile immedesimarsi nei versi di una storia che potrebbe essere quella di tutti coloro i quali siano ancora in grado di guardare in faccia alla realtà senza indossare alcuna maschera:

Ora che […] | mi ricordi | chi sono (il tanto e il poco che sono), | non riesco ancora a dirti che farò | del mio meglio, ma che non basterà. | Ora che torni col braccio arrossato, | qualche graffio e due lacrime già secche, | cercando un segno sul mio viso,| non riesco a dirti: non succederà più.

Yari Bernasconi, poesia «Altre discese e risalite» dalla raccolta «La casa vuota» (2021)

Nel viaggio guidato da Pusterla si parte da La storia della lingua che rappresenta l’«incarnarsi della storia dentro le parole» per giungere a parole dialettali della valle del Moesa (regione Mesolcina) che sono il lascia passare di un paesaggio naturale spettacolare portatore di speranza, che a sua volta può essere motivo di minaccia, di pericolo per se stessi; sempre secondo il sistema binario associativo si passa dall’immagine del fiore di rosa facendo riferimento a momenti felici che inevitabilmente portano con sé momenti duri e di amarezza, per poi approdare a Sovrapposizioni a Berlino, in cui la bellezza e grandezza della capitale tedesca è accompagnata dall’«insensatezza» della mente umana attorno al Denkmal in memoria della Shoah. Si prosegue con il tema della colpa che l’uomo deve riconoscere dal passato storico caratterizzato da veri e propri volti di capri espiatori in una storia che ha avuto e avrà sempre un luogo e tempo definito nella memoria collettiva. Pusterla regala al pubblico la lettura di Sulcis: omaggio dedicato alla persona di Giovanni Orelli in occasione della scomparsa nel 2016; il poeta si alza in piedi per la lettura in onore al suo Maestro di vita ed è un momento in cui si stampa un sincero sorriso nel volto delle persone presenti, mentre al poeta luccicano gli occhi.

L’intensità raggiunta dai protagonisti lettori – e con ciò s’intendono non solo i poeti e autori dei testi, ma anche l’attore, Wolfram Schneider-Lastin, delle traduzioni dei testi in lingua tedesca – è premiata dal pubblico con un lungo applauso. Il piccolo pubblico, quasi esclusivamente di mezza età, è concorde ai temi trattati e ai rimandi storico-letterari che hanno accompagnato la serata. Eppure, i motivi delle poesie sono aperti anche al pubblico più giovane, proprio per il contatto che i versi permettono di instaurare tra un sentimento e l’altro di persona in persona, tra un paesaggio e l’altro di storia in storia.

Viele Wege führen zur Autorschaft

Ein gemütlicher Infoabend über (Selbst-) Publikation

Wie komme ich von den literarischen Ergüssen in meiner Schreibtischschublade zur Publikation? Hobbyautorinnen, Verlags-Quereinsteiger, Sachbuchübersetzerinnen und Schreibfanatiker haben sich in dem kleinen Buchgeschäft am Predigerplatz eingefunden, um den Mittwochabend mit dieser Frage zu verbringen.

Hinter den grossen Schaufenstern der Geschichtenbäckerei summt leise die Gasheizung. In einer Runde aus knapp zehn Leuten wechselt Gabriela Kasperski zwischen Deutsch und Schweizerdeutsch, um ihrem Publikum das Veröffentlichen eigener literarischer Werke nahezubringen.

Sie selbst hat Germanistik studiert und schreibt seit einigen Jahren Krimis, die in Zürich und der Bretagne spielen. Doch so weit nicht alles, denn der Weg dahin sei nicht ohne Umwege gewesen. Auch Autorin von Dramen und Synchronfassungen war sie schon und absolvierte eine Drehbuchausbildung. Mit dem Publizieren ihrer Bücher hat sie erst mit vierzig begonnen. Kasperski erzählt von einem steinigen Weg über Verlagsabsagen, Fusionen, ausstehende Lektorate und ständige Neuorientierung. Sie weiss: «Es gibt nicht nur den frühen, jungen, direkten Weg zur Autorschaft. Bei Weitem nicht.»

Ihr Tipp: Die Selbstveröffentlichung soll einem die erste Tür zur Etablierung als Schriftsteller*in öffnen, aber nicht ohne professionelles Lektorat und Coverdesign. Aus ihrem Publikum melden sich darauf auch skeptische Stimmen und fragen nach Aufwand und Selbstkosten. Gabriela Kasperski hält unverblümt fest: Es ist eine Wissenschaft für sich und mit viel Aufwand kann man es auf dem Buchmarkt auch zu was bringen. Aber vor allem ist es eins: «ein knallhartes Business.»

Unruhiges Schweigen

Kurz vor halb acht, der Salon des Literaturhaus Zürich rappelvoll, ausgelassenes Stimmengewirr treibt den Lärmpegel immer weiter in die Höhe. Dann geht das Licht aus und die Gäste des Abends betreten die Bühne: Die italienische Schriftstellerin Francesca Melandri wird heute von der italienisch-schweizerischen Autorin Zora del Buono moderiert, Vera Bommer liest die deutschen Texte, Ariela Sarbacher übersetzt vom Italienischen ins Deutsche. Thema des Abends sind die neuesten Bücher von Melandri und del Buono.

Mit dem Familienroman Alle, ausser mir spannt Melandri einen Bogen vom 2. Weltkrieg zur Gegenwart, von der kolonialistischen Vergangenheit Italiens zur aktuellen Flüchtlingskrise. Die Marschallin, ebenfalls eine Familiengeschichte, setzt hingegen beim 1. Weltkrieg an. Del Buono spürt dem kommunistischen Widerstand gegen Mussolini nach und führt uns bis in die 80er-Jahre. Beide Bücher verknüpfen persönliche Figurengeschichten mit der politischen Geschichte Italiens. Dabei betont Melandri, dass sie in ihrem Schreiben immer bei den Menschen und Beziehungen beginnt. Erst aus dieser persönlich-privaten Ebene entwickelt sie die gesellschaftlich-politische.

Schreiben zwischen Fiktion und Politik, Vergangenheit und Gegenwart, dadurch zeichnen sich beide Autorinnen aus. Auch sind sie sich darin einig, beim Schreiben den Schlusssatz kennen zu müssen: Der letzte Satz sei der Leuchtturm, den sie beide zum Schreiben brauchen. So ist del Buono nicht nur Moderatorin an diesem Abend, sondern versucht auch einen Austausch zwischen zwei Schreibenden und zwei Büchern. Ein fliessender Dialog will aber nicht so richtig entstehen. Immer wieder werden spannende Fragen und Themen angeschnitten, doch dann leider nicht weiter ausgeführt.

Ein Thema zumindest begleitet uns durch das Gespräch hindurch, das die beiden Autorinnen verbindet: das Schweigen. Italien, aber ebenso die meisten anderen Länder zeichnen sich mitunter durch ihr Schweigen über die eigene Vergangenheit aus, bauen darauf auf, meint Melandri. Die Aufarbeitung Deutschlands wird als «geschichtliche Ausnahme» genannt, wobei auch Deutschland natürlich nicht über alles gesprochen habe, mit Verweis auf die Kolonialgeschichte. Denn wenn über etwas gesprochen wird, wird zugleich immer über etwas anderes geschwiegen, so Melandri.

Das Publikum hält hingegen nicht viel von Stille, die Unruhe nimmt immer mehr zu und stört teilweise sogar das Geschehen auf der Bühne. Und als die Veranstaltung mit dem letzten Satz aus Melandris Roman endet und das Licht wieder angeht, kann von Schweigen keine Rede mehr sein.

Liebe zwischen Schreibenden im Arthouse Kino

An der Vorpremiere von «Reise in die Wüste»

Enttäuscht verlassen zwei Damen vor mir nach längerem Anstehen den Schalter des Arthouse Le Paris. An diesem Mittwochmittag herrscht in dem gemütlich kleinen Kino am Bahnhof Stadelhofen eine Stimmung wie beim Wochenendausverkauf. Beinahe restlos sind die Plätze vergeben, die Moderatorin nutzt die letzten Minuten vor Filmbeginn, um die Zusehenden der ersten Reihe zu den einzeln verstreuten leergebliebenen Plätzen im Mittelteil zu lotsen, bestrebt, ihnen eine Nackenstarre zu ersparen.

Gerahmt von einer Wüstenreise widmet sich der Film vordergründig der Beziehung zwischen Ingeborg Bachmann und Max Frisch: erst zart verliebt, vermeintlich seelenverwandt, schlussendlich aber zum Scheitern verurteilt, weil sich der eine so wenig in einen römischem Anzug wie die andere sich in eine Küchenschürze stecken lässt. Sie stets schulterfrei mit Handschuhen und Zigarette, er mit Pfeife und Notizbuch, vermittelt der Film ein Bild von Schriftsteller*innen als betrübte gedankenverlorene Wesen, die sich von Nikotin, Kaffee, Alkohol und Pillen ernähren.

Margarethe von Trotta wird in der anschliessenden Fragerunde von Katrin Renz, der Produzentin und Ideengeberin des Films, vertreten. Mehrfach entschuldigt diese die Abwesenheit der Regisseurin, die sich auf den Nachmittag sehr gefreut habe. Katrin Renz erzählt von den Drehorten der Vierländerproduktion, vom ausschlaggebenden Lachen der Hauptdarstellerin, und von progressiven Menschen, gefangen in einer konservativen Schweiz.

In den Briefwechsel zwischen Bachmann und Frisch, welcher letzten Sommer erschien, habe Margarete von Trotta vor dem Schreiben des Drehbuchs keine Einsicht erhalten. Vielleicht eine Erklärung für einige missbilligenden Filmkritiken zur Vorpremiere, welche den Spielfilm mit einem klassischen Biopic zu verwechseln scheinen.

«Hafermilch, Mandelmilch, Cashewmus, tiefgefrorene Himbeeren»

Schulter an Schulter sitzen wir dicht gedrängt im ersten Stock der Buchhandlung Orell Füssli am Bellevue. Die vorderste Reihe stösst beinahe mit den Schuhspitzen an die Tribüne, auf der die Autorin Caroline Wahl gleich aus ihrem Debütroman 22 Bahnen vorlesen wird. Restlos ausverkauft ist die Lesung an diesem verregneten Mittwochabend, ein Zeugnis für die Beliebtheit des Romans. Bereits eine halbe Stunde vor Türöffnung hatten sich die ersten Fans vor den geschlossenen Toren eingefunden, um dann als Erste an der Ticketkontrolle vorbei, die Treppe zu den besten Plätzen hochstürmen zu können. Es herrschen Zustände wie vor einem Konzert. Kurz vor Beginn der Lesung legt sich der Rummel nur langsam, während sich die Letzten noch einfinden, bahnen sich die Ersten schon ihren Weg Richtung Toilette.

Endlich, Caroline Wahl und der Moderator erscheinen aus der Dunkelheit und nehmen vor uns Platz. Applaus wallt auf. Begrüsst werden wir zunächst aber von einer Mitarbeiterin des Orell Füsslis, die uns erklärt, was bei diesem Andrang wohl jedem und jeder so langsam dämmern sollte: Heute Abend haben wir einen Star zu Gast. Ihr erster Roman hatte eine unglaubliche Schlagkraft, begeisterte nicht nur das ganze Orell Füssli Team, das sich förmlich um das erste Leseexemplar gerissen hatte, sondern auch verschiedene Jurys, wie die des Ulla-Hahn Autorenpreises. Aber auch bei der Kundschaft und den Leseliebhaber:innen ist der Roman auf grossen Zuspruch gestossen.

Entspannt sitzt Caroline Wahl im Sessel. Es ist nicht ihre erste Lesung und auch ganz sicher nicht ihre Letzte. Zwar musste die angekündigte Moderatorin Meli Schumacher das Mikrofon leider aufgrund ihres schlimmen Hustens an einen Kollegen weiterreichen, aber da muss eben improvisiert werden. Souverän beantwortet sie die Fragen der auf die schnelle eingesprungenen Moderation, steigt aber kurz darauf direkt mit der Lesung des ersten Kapitels ein. Wie der Titel des Abends «Caroline Wahl liest aus 22 Bahnen» vermuten lässt, wird das Vorlesen das Herzstück des Abends bilden.

«Hafermilch, Mandelmilch, Cashewmus, tiefgefrorene Himbeeren». Gekonnt imitiert die Autorin beim Vorlesen den unaufgeregten und nüchternen Sound ihrer Ich-Erzählerin Tilda, die uns an ihren streng durchgeregelten Tagen teilhaben lässt. Job an Supermarktkasse, Schwimmbad, Mathematikstudium und ihre kleine Schwester Ida regeln ihren Alltag, wenn auch nicht unbedingt in dieser Reihenfolge. Nicht zu vergessen ihre alkoholkranke Mutter und ein mysteriöser Viktor, grosser Bruder eines verstorbenen Kindheitsfreundes, der genau wie sie 22 Bahnen schwimmt. In diesem Roman vermischen sich schwere Themen mit Leichtigkeit und Humor, gerade wegen Tildas präzisem Erzählton. Ihre scharfsinnige Schilderung trivialer Alltagssituationen sorgen für Lacher im Publikum, auch der Autorin fällt es an einigen Stellen sichtlich schwer ein ernstes Gesicht zu wahren.

«Ich hasse Jacqueline, und ich hasse den Namen Jacqueline», regt sich Tilda auf, als eine Kommilitonin in der Bar sich Viktor annähert. Aufregung in der vordersten Reihe. Es sitzt doch tatsächlich eine Jacqueline heute Abend ganz vorne. Die nimmt es glücklicherweise mit Humor, die Meinung einer Figur repräsentiert ja bekanntlich nicht die Ansichten der Autorin.

Caroline Wahl tut es ihrer Protagonistin gleich. Sie verliert nicht zu viele Worte, hält sich mit langatmigen Erklärungen zurück und lässt den Text für sich sprechen. Einen kurzen moderierten Austausch und drei vorgelesene Passagen später, stellen wir erstaunt fest: es ist schon beinahe 22 Uhr. Nach zwei, drei Fragen aus dem Publikum ist es auch schon Zeit, in aller Hast die Stühle beiseite zu räumen, damit die potentiellen Käufer:innen von 22 Bahnen den Weg zur Kasse problemlos finden. Abgerundet wird der Abend mit einem Apéro im Starbucks nebenan.

Respekt für die Natur

Ein Gespräch mit Autor Heinz Staffelbach über die Faszination «Wald».

Zwanzig Minuten zu früh im Bildungsgewächshaus der Stadtgärtnerei Zürich und ich sichere mir einen Platz in den vordersten Reihen. Schnell füllt sich der Raum, doch statt lauter Gespräche, ist es entspannt ruhig, als ob der Buchtitel Urkraft Wald bereits Ruhe verlangt hätte. 

Es handelt sich um die erste Veranstaltung der Stadtgärtnerei im Rahmen von Zürich liest 2023. Das Gespräch zwischen Ralph Steiner (Moderator bei Radio 24, Moderator und Reporter beim Newsportal Watson) sowie Heinz Staffelbach (Autor, Fotograf und Molekularbiologe) dreht sich um sein neues Buch Urkraft Wald – Die ältesten Wälder der Schweiz. Und das Gespräch lässt nicht lange auf sich warten. Die Einführung von Ursula Pfister von Grün Stadt Zürich ist kurz, ermöglicht dem Publikum, die Gesprächspartner einzuordnen und die Leinwand daneben mit projizierten Naturfotos zu betrachten. Die Fotos stammen von Heinz Staffelbach, wie sich mir im Laufe des Gesprächs erschliessen wird. Es sind beeindruckende Fotos, die auch Eingang in sein Buch gefunden haben.

In Urkraft Wald beschreibt Heinz Staffelbach die zwanzig eindrücklichsten Wälder der Schweiz. Wir erfahren im Gespräch aber nicht nur mehr über dessen Entstehung und Inhalt, sondern auch von den prägenden Erlebnissen aus Heinz Staffelbachs Kindheit und Jugend in der Natur, die ihn letztlich zum Biologiestudium und danach auf die Postdoc-Laufbahn als Molekularbiologen führten. Es wird für mich vor allem eines deutlich: Heinz Staffelbach empfindet tiefen Respekt für die Natur und möchte seine Faszination mit seinen Leser:innen und dem Publikum teilen. 

Ralph Steiner führt das Gespräch in drei thematisch unterschiedlichen Blöcken, deren Ende er auch jeweils ankündet. Das Publikum erhält nach jedem Block Gelegenheit Fragen zu stellen, was auch mit voranschreitender Zeit zunimmt. So bleibt es thematisch nicht nur bei Wanderungen im Wald: Heinz Staffelbach erzählt von Recherchen zu Moorleichen, vom Fotografieren und Filmen, und vom holprigen Weg zurück in die Freude am Schreiben. Gelegentlich erlauben sich die Gesprächspartner Witze, die das Publikum in kurzes Gelächter ausbrechen lassen.

Nach einer Stunde endet die Veranstaltung pünktlich und mit einer Einladung zum anschliessenden Apéro. Viele sind gleich darauf am Buchtisch zu finden und reihen sich vor dem Signiertisch ein. Heinz Staffelbach beantwortet auch da einzelne Fragen geduldig. Ich verlasse die Veranstaltung mit dem Fazit: Die Buchvernissage war beeindruckend, fesselnd, anregend – und weckte in mir das Bedürfnis, die Natur zu erkunden.

«Aldos Reise ins Glück» – eine gezeichnete Vorlesung

«Aldos Reise ins Glück» ist das neueste Werk vom Urner Illustrator und Geschichtenerzähler Diego Balli. Das Kinderbuch erzählt die Geschichte des kleinen Affen Aldo, der ein unerwartetes aber wundervolles Abendteuer erlebt.

Diego Balli hat ein Händchen für Kinder. Mit seiner freundlichen Art schafft er es auf interaktive Weise, die Kinder für seine Geschichte zu begeistern. Von Rätselfragen über Affengeräusche bis hin zur Zeichnungsstunde; die Kinder sind durchweg gebannt und erfreut.

Die Vorlesung ist keine Vorlesung im eigentlichen Sinn. Als Illustrator erzählt Balli seine Geschichte mit Bildern. Er beginnt mit einer weissen Leinwand und zeichnet Schritt für Schritt die Hauptfigur Aldo, um ihn vorzustellen.

Dann fängt er an, die Geschichte zu erzählen. Entgegen den Erwartungen liest er nicht direkt aus dem Buch vor, sondern spricht frei und im Dialekt. Dadurch entsteht eine wohnzimmerartige Atmosphäre. Er verbindet das Erzählte immer mit Bildern aus seinem Buch, die er auf eine Leinwand projiziert.

Als würde mit einer Taschenlampe geleuchtet, wird der Fokus der Zuschauer*innen immer wieder auf bestimmte Teile der Bilder gelenkt. Auf diese Weise weckt Balli die Aufmerksamkeit der Kinder, erzeugt Spannung und regt ihre Fantasie an. Mithilfe rätselhaft gestellter Fragen fordert er das junge Publikum zur Interaktion auf:

«D’Tante Ambrosia und d’Chatz Pia singed de Oma Hilde es Geburtstagsliedli. Wie würdi ächt d’Chatz das singe?»

Diego Balli zu den Kindern.

Daraufhin singen die Kinder voller Elan:

«Miau miau miau miau, miau miau. Miau miau miau miau, miau …»

Publikum (in der Melodie von «Happy Birthday»)

Abschliessend erhalten die Kinder und interessierte Erwachsene die Möglichkeit, zusammen mit Diego Balli den kleinen Affen Aldo zu zeichnen. Begeistert nehmen die Kinder einen Farbstift zur Hand und folgen eifrig seiner Anleitung. Stolz stürmen sie zu ihm, um ihr Meisterwerk zu präsentieren. Als Abschiedsgeschenk vergibt Balli selbst gezeichnete Postkarten, die er auf Wunsch sogar signiert.

Die 45 Minuten sind schnell und mit viel Lachen vergangen. Herr Balli bedankt sich herzlich für unser Interesse. «Aldos Reise ins Glück» ist (unter anderem) im Kinderbuchladen Zürich erhältlich.

Autorinnen: Nicole Stejskal, Ke-Yi Joey Huang

Bunte Wahrnehmung, buntes Buch: Maria Zimmermanns «Anders nicht falsch»

Im Winter 2021, von Schnee umgeben auf dem Waldspaziergang, beschloss Maria Zimmermann ein Buch zu schreiben. Nun sitzt sie auf der gemütlichen Leseecke, die auf der Bühne eingerichtet wurde (und den Regalen nach von Micasa gesponsert ist?), vor einem ausverkauften Saal im Karl dem Grossen, während das Publikum gespannt auf die Lesung und Diskussion wartet.

Das Buch bereits in der vierten Auflage, die Lesung in einen grösseren Saal verschoben; mit einem solch grossen Erfolg hat Zimmermann nicht gerechnet – im Gegenteil. «Ich habe mich nur darauf vorbereitet gecancelt zu werden», erklärt sie, «und nicht damit, dass alle mehr wollen.» Die vielen persönlichen Mails, die sie nun erreichen, seien überwältigend und überfordernd, denn plötzlich gelte sie als Expertin auf ‘ihrem Gebiet’, was sie weder sei noch versuche zu sein.

Was aber genau ist nun ‘ihr Gebiet’ (das ja eben nicht ‘ihr Gebiet’ ist)?

Zimmermanns Buch Anders nicht falsch ist sehr persönlich. Sie beschreibt ihre eigene Wahrnehmung der Welt. Die etwas anders ist, da Zimmermann im Autistischen Spektrum ist. Auf der Suche nach Repräsentation ihrer Selbst fand sie vieles, das irgendwie passte, aber eben nie so richtig. Also schrieb sie die Gesuchte eben selbst.

Dieses Buch ist ein Werkzeug, um zu erklären, wie ich die Welt wahrnehme. Eine Welt, die intensiver ist, meistens lauter, aber auch immer bunter.

Maria Zimmermann, Anders nicht falsch, S. 14.

Ihre Wahrnehmung ist bunt, ihr Buch ist bunt. Keine einzige weisse Seite, sondern rote, blaue, gelbe, manchmal auch pechschwarze leuchten entgegen, die aber auch nicht einfarbig bleiben, sondern mit vielen – ebenfalls von Zimmermann geschaffenen – Illustrationen versehen sind. Sie zeichnet anschauliche Vergleiche, um ihren Energiehaushalt zu erklären, spricht von Enthusiasmen, die eben mehr sind als blosses Interesse, erzählt, wie «mega geil» es sein kann, komplett im Hyperfokus aufzugehen und zu vergessen, dass sie mehr ist als die Tätigkeit, die sie gerade ausübt. Ein weiteres Thema, das intensiv verhandelt wird: Sprache.

Weiter habe ich versucht, eine nicht wertende, entstigmatisierte Sprache zu verwenden, die Autismus nicht als defizitäre Krankheit ansieht, sondern als Eigenheit des menschlichen Daseins. Auch in der Hoffnung, dass die Lesenden ihren eigenen Sprachgebrauch hinterfragen.

Maria Zimmermann, Anders nicht falsch, S. 16.

Das Publikum lauscht Zimmermanns Ausführungen gebannt. Interessiert werden Nachfragen gestellt, wenn nicht sofort allen der Unterschied zwischen «Autismus haben» und «Autistisch sein» oder «Menschen auf dem Spektrum» und «Menschen im Spektrum» klar ist. Gerne wären noch weitere Themen andiskutiert worden, doch nachdem die 15 Minuten Überzeit auch schon um sind, wird es höchste Zeit Zimmermann in die Signierstunde und darauf in den wohlverdienten Feierabend zu entlassen.