Dal riferimento autobiografico al lavoro terapeutico


Una lettura costruita e poco spontanea nei primissimi momenti viene, in seguito, del tutto sciolta da ogni limite espressivo, grazie alla puntuale moderazione. Nella sua lettura Valentina Giuliani non lascia spazio a segreti. Raccontando delle sue storie, racconta di sé e dei motivi di fondo che le hanno permesso di realizzare il suo Museo degli amori perduti.

La raccolta di racconti discussa è ispirata al catalogo Il museo delle relazioni interrotte. Ciò che resta dell’amore, in 203 oggetti, scoperto nella sua libreria durante il periodo di lockdown. Si tratta di un tipo di riferimento del tutto tangibile, non solo perché il Museo delle Relazioni Interrotte esiste e si trova a Zagabria, ma anche perché le analogie tra la raccolta di Giuliani e il catalogo non passano inosservate. Ogni racconto è preceduto dal nome dell’oggetto da cui parte l’ispirazione per la narrazione; al nome segue sempre un’illustrazione di Barbara Fässler, che a volte in maniera più esplicita, e altre meno, rimanda al soggetto o all’oggetto che per il suo valore associativo assume maggiore rilevanza nel singolo racconto. Mentre nel catalogo del Museo delle Relazioni Interrotte sono presenti grandi illustrazioni e didascalie prive di messaggi in cui affiora tristezza – al contrario, spesso si tratta di frasi o dediche che fanno sorridere perché cariche di ironia -, nel Museo degli amori perduti, alla fine di ogni racconto il lettore devi interrogarsi sul suo significato intrinseco. Nella sua narrazione, nonostante il senso di dispiacere sia infine presente, l’autrice intende affrontare il tema della fine di un amore attraverso la leggerezza del linguaggio impiegato e il tono colloquiale attribuito alle situazioni e alle figure narrate. In fin dei conti, anche la raccolta di Giuliani può essere definita una forma di catalogo, per la moltitudine di oggetti, figure e contesti che presenta.

Gli amori di cui Giuliani narra sono di forme ed età diverse; in alcuni racconti si narra dell’amore adolescente e in altri dell’amore più consapevole, maturo, fino a trattare dell’amore senile, senza tralasciare l’amore platonico. La prospettiva adottata per i singoli racconti è sempre quella del narratore principalmente coinvolte nella storia d’amore. Il lettore non ha modo di conoscere la visione dell’altra parte coinvolta. Ecco che ci si chiede se l’ amore è da considerarsi un punto di vista. Per Valentina Giuliani l’amore è molto più una fonte di creatività, è la chiave di accesso per uscire dalla propria confort zone. Le storie raccontate sono delle “confessioni in maniera assoluta”, dice l’autrice, che spesso tramite soliloqui ricordano una vera e propria seduta psicologica.

Il lavoro terapeutico che questa stesura ha rappresentato per Giuliani risiede nell’intento di dare un nome ad esperienze vissute direttamente o indirettamente. La scrittura, in tutto questo, ha un ruolo fondamentale, ha il compito di mettere nero su bianco un evento, un pensiero, per ricordare, chiarire le idee e anche per non perdere quel qualcosa che c’era. Nella scrittura risiede la memoria, affinché nulla possa sfuggire del tutto. Valentina Giuliani riconosce un proprio limite, quello di vivere esclusivamente nel presente, perciò la scrittura rappresenta un modo per mettere forse un punto ad una condizione precedente, chiedendosi sempre quel che ne rimane.

Perchè ciò che è perso può essere sempre ritrovato.

Valentina Giuliani

L’autrice sorprende il pubblico annunciando il suo progetto appena uscito, redendo attuali temi degli anni ’70 nella sua divertente commedia ispirata a quel periodo. La commedia è intitolata Un bacio, un gelato, una pistola.

«Vroeling» – eine unkonventionelle Verfremdung

Was Vroeling heisst, bleibt ungewiss. Ist es Frühling? Schon der Titel des neuen Buches von Dieter Zwicky macht den Leser neugierig. Nicht nur die Neugier ist da, sondern auch die Überraschung, die von einem Wort zum nächsten geboren und wiedergeboren wird.

Es handelt sich um «eine wunderbare Biographie der Mutter», wie Moderator Lukas Gloor sagt – doch ist sie nicht nur das. Seiner Mutter will Zwicky Fremdheit schenken, indem er sie sich auf eine Weise vorstellt, die überhaupt nicht zu ihr gehört. Zwicky begleitet seine Mutter durch eine fiktive emotionale und gewisserweise auch erotische Welt. Er legt ihr Worte und Reden in den Mund, die sie niemals sagen würde. Auch die Stadt, in der die Geschichte spielt, Zabriskies, ist ein irrealer, inexistenter Ort. Der Name wurde von einem Thema inspiriert, auf das Zwicky eher zufällig gestossen war, und hat zwar nichts mit Polen zu tun, könnte vom Klang her allerdings polnischer Herkunft sein.

Zwicky liest – das ist eines seiner Markenzeichen – mit gesteigerter Theatralität, was im Publikum für einige Lacher sorgt, insbesondere an bei Stellen, an denen die Beschreibungen so detailliert wie seltsam werden. In wilden Assoziationen verknüpft Zwicky ein neugeborenes Kind und ein Labrador-Welpen, einen berühmten Marathonläufer aus Melbourne namens Mlido – inspiriert von der legendären Figur des Diego Armando Maradona – mit einem schlanken, grossen, doch unschönen Wesen; eine ehrgeizige Tante mit einem Salamander und eine hübsche junge Frau mit einer Nagelfeile. Offen gesteht er: «Ich bringe furchtbare Dinge zusammen.»

Das Ganze sorgt sowohl für Belustigung als auch für leichte Verwirrung. Selbst nachdem alle Fragen beantwortet wurden, bleiben einige Zweifel stehen. Zwickys Text reiht kurze Sätze einander, Zeugnisse eines spontanen Sprachdenkens, das in der Lage ist, sich Wörter vorzustellen, die einander ähnlich sind, die an Klänge und Farben erinnern und doch völlig unerwartet nebeneinander zu stehen kommen. Dennoch mangelt es nicht der Reflexion. Bei der Konstruktion seiner Geschichte geht Zwicky Satz für Satz vor – und scherzt, dass man nichtz zwingend einen denkenden Verstand braucht, um eine Erzählung zu schaffen. Gleichwohl ordnet er seine Prosa keiner neuen experimentellen Technik zu und zieht es stattdessen vor, Vroeling einfach als ein in sich geschlossenes Buch zu betrachten. Zwicky glaubt nicht daran, dass das Schreiben ohne Grenzen ist. Im Gegenteil: er setzt sich selbst Grenzen, und konzentriert sich in seinem Schreiben, kurz gesagt, auf die Unregelmässigkeit und Unvorhergesehenheit der Ereignisse, Gefühle und Gedanken.

Unser Team in Solothurn:
Sabrina Buonvicino

April 2022 – Zürich

Neben der italienischen Sprache und Literatur hat Sabrina auch Germanistik an der Universität Zürich studiert.
In ihrem Masterstudiengang Deutsche Literatur: Theorie, Analyse und Vermittlung lernt sie neue Methoden der Auseinandersetzung mit Literatur kennen. Die Literaturtage werden für sie eine neue Erfahrung sein. Sie ist eine Liebhaberin von Prosaliteratur, in der es um Emigration, die Natur der Welt und des Menschen sowie um die nicht eindeutige Persönlichkeit geht. Auch aus diesem Grund ist sie besonders neugierig, Dieter Zwicky, Claudia Durastanti und Valentina Giuliani zu hören.